Il 22 giugno scorso si è tenuta la riunione interparlamentare della Commissione Affari costituzionali (AFCO) del Parlamento europeo (PE), nel corso della quale si sono discussi la riforma della legge elettorale europea, in particolare l’ipotesi di un’eventuale circoscrizione comune, e il potere d’inchiesta del PE. Il tema della legge elettorale rimane una costante del dibattito politico in molti ordinamenti, incluso a livello sovranazionale; la sua centralità riflette la natura irrisolta e mutevole della questione, che incide profondamente sull’assetto democratico dell’ordinamento e che ne determina la forma di governo insieme ai rapporti di forza tra gli attori politici. Vi è poi la dimensione che attiene alla sfera dei diritti, che nel caso specifico trova riconoscimento nel Trattato di Lisbona (2009), in seguito al quale il diritto di voto e di eleggibilità ha acquisito il valore di diritto fondamentale poiché sancito all’art. 39 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
In vista delle elezioni europee del 2024, il PE riaccende i riflettori sulla procedura elettorale, allo scopo di rinforzare la dimensione democratica e sovranazionale delle elezioni europee, ampliando la legittimazione democratica del processo decisionale dell’Unione e rinforzando il concetto stesso di cittadinanza dell’UE. Già nella risoluzione del 26 novembre 2020 sul bilancio delle elezioni europee del 2019, il PE raccomandava di esaminare alcune questioni al fine di migliorare il processo elettorale europeo, incoraggiando, tra le altre cose, una disamina della materia anche in occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa. Con il progetto di relazione sulla riforma della legge elettorale dell’UE (2020/2220 INL), presentato dalla Commissione AFCO il 3 giugno scorso, il PE sottolinea che nonostante alcuni progressi nella definizione dei criteri comuni per le procedure elettorali, le elezioni europee continuano a essere disciplinate quasi esclusivamente a livello nazionale. Le procedure sono infatti regolate, a livello di diritto dell’Unione, dall’art. 14 TUE, che definisce le norme comuni per tutti gli Stati membri (SM), e dall’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto (adottato nel 1976 e modificato più volte), che disciplina l’elezione diretta dei membri. La materia è poi meglio specificata da disposizioni nazionali, che variano da uno SM all’altro.
Nel suo progetto di relazione presentato a inizio giugno, il PE individua i principali obiettivi della proposta di modifica dell’Atto elettorale del 1976, che sono stati ulteriormente dibattuti in seno alla riunione interparlamentare appena trascorsa. Nel progetto riemerge il tema della legge elettorale europea unificata, ad oggi sempre supplita da un sistema elettorale armonizzato da principi comuni. L’attuale disciplina sulla revisione della procedura elettorale prevista all’art. 223 TFUE prevede che il PE elabori un progetto che stabilisce le disposizioni necessarie per permettere l’elezione dei suoi membri secondo una procedura uniforme in tutti gli SM o secondo principi comuni a tutti. In seguito all’elaborazione del progetto, il Consiglio stabilisce poi le disposizioni necessarie, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del PE, che invece si pronuncia a maggioranza assoluta dei componenti. Infine, le disposizioni elettorali entrano in vigore solo dopo l’approvazione da parte degli SM secondo le rispettive procedure. Si è accennato che le modalità di elezione dei membri del PE sono disciplinate soprattutto a livello nazionale, con alcuni deboli progressi verso la definizione di criteri comuni per le procedure elettorali. L’istituzione di un quadro comune, con parametri di riferimento e criteri minimi per le norme elettorali applicabili in tutta l’UE potrebbe essere significativa in termini di uguaglianza di elettorato attivo e passivo fra tutti i cittadini dell’Unione, e sarebbe strumentale anche ai fini del processo di integrazione politica dell’ordinamento sovranazionale; si pensi solo alla possibilità di registrare un partito, di candidarsi alle elezioni, l’accesso alle urne, la presentazione dei candidati e l’accessibilità al voto.
È oggetto di dibattito anche il sistema degli Spitzenkandidaten (sistema dei candidati capilista), nato da un accordo interistituzionale e usato per la prima volta nel 2014, ma che ha dimostrato tutte le sue fragilità nel 2019, quando ad essere nominato non è stato lo Spitzenkandidat, ma l’attuale Presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen. Elaborato con il fine di rinforzare la legittimità politica della Commissione agli occhi dei cittadini dell’Unione, nel 2019 il sistema è stato disatteso a causa del mancato accordo in seno al Consiglio europeo sulla nomina di uno dei candidati capolista, mostrando, ancora una volta, i difetti di un sistema imperniato sulle logiche intergovernative. Al fine di dar nuova linfa al sistema, garantendo che tutti gli elettori europei siano posti nelle condizioni di indicare il loro candidato preferito alla carica di presidente della Commissione, il PE suggerisce innanzitutto che i candidati capilista, designati da un partito politico europeo, un movimento o una coalizione di partiti europei che propongono un programma elettorale comune, siano eleggibili in tutti gli SM. Inoltre, propone che i leader dei partiti politici e dei gruppi parlamentari europei concordino un candidato comune per il Consiglio europeo, sulla base dell’esito delle elezioni europee e della disponibilità di una maggioranza potenziale nel Parlamento neoeletto. Inoltre, introducendo la prassi delle consultazioni, suggerisce che il presidente del Consiglio europeo consulti i leader dei partiti politici e dei gruppi parlamentari europei, per garantire una procedura di designazione informata ed efficace.
Legato alla questione dello Spitzenkandidat vi è poi l’obiettivo di creare una circoscrizione elettorale comune in cui siano eletti 46 membri del PE, selezionati da liste transnazionali di cui i capilista siano i candidati di ciascuna famiglia politica alla carica di presidente della Commissione. Le liste transnazionali favorirebbero di riflesso anche la formazione di veri e propri movimenti e partiti politici europei, ad oggi limitati a mere federazioni di partiti politici nazionali dei diversi SM, accomunati da affinità politiche. I partiti paneuropei diventerebbero così i veri protagonisti del processo elettorale UE, rinforzando la dimensione europea delle elezioni e della rappresentanza e spostando il fulcro del dibattito elettorale dai temi nazionali alle questioni europee. La questione della circoscrizione elettorale comune era stata già avanzata dal PE in una risoluzione approvata nel 2015, ma che poi non ha trovato il sostegno del Consiglio. Nel 2018 è stato invece lo stesso PE a respingere la proposta di creare un’unica circoscrizione per tutti i 27 SM per eleggere i 46 seggi che sarebbero rimasti vacanti in seguito alla Brexit. A partire dal 1° febbraio 2020, infatti, i seggi del PE sono stati ridotti da 751 a 705, e dei 73 seggi del Regno Unito, 27 sono stati ridistribuiti tra gli SM, mentre i restanti 46 sono stati messi da parte per eventuali futuri allargamenti. L’idea è dunque quella di dedicare i 46 seggi appena menzionati ad una circoscrizione elettorale comune, all’interno della quale la competizione politica si consumerebbe tra liste transnazionali, composte da candidati provenienti da partiti paneuropei.
Considerando le posizioni altalenanti del PE e la ritrosia delle istituzioni intergovernative, la strada da percorrere sembra ancora molto lunga. Tra i problemi che non ricevono alcuna attenzione nella relazione vi è la procedura di riforma della legge elettorale che prevede il ruolo determinante del Consiglio, in quanto organo designato a stabilire, sulla scia dei progetti elaborati dal PE, le disposizioni della materia, deliberando all’unanimità. Il sistema elettorale attuale, che prevede 27 elezioni nazionali parallele, non può che essere sintomatico di una visione politica retta ancora da logiche novecentesche che frenano il processo di integrazione. L’obiettivo del PE, che si auspica possa realizzare, è quello di sostituire l’attuale sistema con un collegio elettorale paneuropeo, con liste transnazionali che conducano campagne centrate su temi europei, dando infine vita e visibilità a partiti politici UE, strumenti di sintesi di interessi particolari in un contesto sovranazionale.