In questi decenni che ci separano dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, la disciplina euro-nazionale ha definito un vero e proprio procedimento euro-nazionale che disciplina il ciclo di bilancio dello Stato e che vede nel Semestre europeo il momento di più stretta interrelazione fra istituzioni UE e organi costituzionali detentori della funzione d’indirizzo politico in materia economico-finanziaria.
Uno dei tratti più caratteristici dell’esperienza dell’integrazione europea in questo ambito è stata la capacità di adattamento del quadro normativo di diritto derivato e delle prassi applicative alle crisi economiche, finanziarie e monetarie che si sono presentate nel corso del tempo. Si può quindi osservare che i parametri dei Trattati hanno mostrato una notevole elasticità.
Negli anni post-pandemici stiamo assistendo all’apertura di una nuova fase del processo d’integrazione europea che vede la costruzione di una forte e strutturale connessione fra coordinamento delle politiche economiche ed altre politiche UE, in particolare le politiche di coesione (art. 174 TFUE). Tutto ciò non è scevro di importanti ricadute in termini di maggiore effettività e cogenza degli indirizzi espressi dalle Istituzioni UE in tema di politiche economiche rispetto agli atti di programmazione economica e di bilancio degli Stati membri.
Siamo dinanzi alla sperimentazione di un nuovo modello di coordinamento delle politiche economiche in cui le Raccomandazioni specifiche per Paese adottate nel Semestre europeo vengono rafforzate sul piano della loro capacità di orientamento dell’indirizzo politico dello Stato in materia economico-finanziaria.
Durante e dopo l’emergenza pandemica abbiamo assistito all’emersione di nuovi strumenti di governo delle crisi, messi a sistema da Next Generation EU, che li raccorda. È stato pure intrapreso un percorso di coordinamento delle politiche economiche in cui il bilancio dell’Unione assume un ruolo propulsivo, anche grazie alla possibilità di contrarre debito comune da parte della Commissione europea ed in cui i vincoli economico-finanziari, che hanno delle ricadute puntuali nelle Raccomandazioni specifiche per Paese del semestre europeo, s’intrecciano con le norme UE in materia di politiche di coesione.
In particolar modo, l’art. 19 reg. UE 1060/2021 la cui base giuridica è l’art. 174 TFUE, dispone Misure per collegare l’efficacia dei fondi a una sana governance economica, che rafforzano le Raccomandazioni specifiche per Paese (Country Specific Recommendations, CSR) adottate dal Consiglio nell’ambito del Semestre europeo. Ciò consente alla Commissione europea di «chiedere a uno Stato membro di rivedere i programmi pertinenti e proporre modifiche degli stessi, qualora ciò sia necessario a sostegno dell’attuazione delle pertinenti raccomandazioni del Consiglio».
Così, già nell’attuale semestre europeo le CSR per l’Italia, pubblicate il 24 maggio 2023, le condizionalità in materia di politiche economiche mostrano lo strettissimo intreccio fra le politiche di coesione e le politiche economiche.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nella prassi, sembra essere lo strumento che consente di intersecare e collegare stabilmente le due competenze dell’UE.
Il PNRR è il piano con il quale si dà attuazione al Recovery and Resilience Facility (reg. UE 2021/241). Il PNRR italiano è uno dei Piani più rilevanti fra quelli presentati dagli Stati membri dell’Unione per dimensioni finanziarie e per tipologia di impegni in tema di riforme e di investimenti. A dispetto dell’idea che il reg. UE n. 2021/241 e l’impianto del Piano avrebbero costituito una vera e propria camicia di forza intorno all’indirizzo politico-finanziario dello Stato e che avrebbero irrigidito in modo ancor più deciso di quanto già avveniva in passato la decisione di bilancio, nel 2021 e nel 2022, in questa prima fase dell’esperienza del Recovery, il PNRR ha consentito e consentirà di liberare spazi di manovra finanziaria in capo allo Stato (DEF 2023; Relazione 2023 sullo stato della finanza pubblica della Corte dei conti). In questa fase, il Recovery ha operato in un contesto di sospensione del Patto di stabilità e crescita a causa dell’attivazione della general escape clause, art. 3 par. 5 e all’art. 5 par. 2 reg. (CE) 1467/97 negli ultimi tre cicli di bilancio.
Non è stato quindi ancora possibile osservare gli effetti dell’art. 10 reg. 2021/241, che disciplina i meccanismi sanzionatori per l’inadempimento dello Stato agli obblighi assunti con la presentazione del PNRR, perché tale articolo non era di fatto applicabile. È importante ricordare che è proprio in relazione al tenore dell’articolo 10 che diversi studiosi avevano appuntato l’attenzione per delineare le rigidità in termini di vincoli di bilancio che avrebbe originato il PNRR.
Oggi ci troviamo in un momento molto particolare, ad un punto di svolta nell’esperienza del Recovery e nell’attuazione del PNRR. È evidente che siamo in una fase critica, di stop per l’esperienza del Recovery e del PNRR, soprattutto per l’Italia. Il 2023 è l’anno di svolta e bisogna capire se si tratta di profonda crisi o di uno stop and go. È necessario soffermarsi su questi primi anni di attuazione del PNRR e su cosa può determinare la svolta nell’esperienza del Recovery. Due sono gli aspetti d’interesse al riguardo.
Il primo è che per il 2024-2026 dovrebbe entrare in vigore una nuova disciplina del Semestre europeo. Da mesi, infatti, si discute della riforma degli atti di diritto derivato che compongono la disciplina del Patto di stabilità e crescita. In assenza di tale riforma, dovrebbero, invece, essere riattivati i vincoli europei di bilancio. Dunque, nel breve periodo, potremmo vedere in azione i meccanismi di raccordo con il Semestre europeo e le misure sanzionatorie previste dall’art. 10 reg. 2021/241/UE che riguarda il coordinamento fra Recovery e politiche economiche.
Il secondo aspetto di grande interesse è che la crisi geopolitica originata dal conflitto Russo-Ucraino ha determinato la ricerca di ulteriori margini di flessibilità nella stessa disciplina del Recovery. Sin dal momento in cui è deflagrato il conflitto in Ucraina, a seguito della crisi del gas e della spinta inflattiva che ha flagellato le economie europee, la Commissione europea ha definito orientamenti che miravano a indurre gli Stati membri ad una revisione dei loro PNRR in modo da introdurre nei Piani un capitolo energia. Le modifiche ai piani avrebbero dovuto essere realizzate avvalendosi della nuova disciplina del reg. 2021/241/UE che consente o una modifica (update) dei PNRR o una completa revisione degli stessi introducendo il capitolo energia in coerenza con RePowerEU.
Gli Orientamenti espressi dalla Commissione europea avrebbero, quindi, dovuto essere recepiti dagli Stati nell’update dei PNRR in linea con RePowerEU mediante la presentazione di modifiche dei PNRR di tutti gli Stati membri. Fra il 2022 e il 2023, con atti di soft law, la Commissione europea ha tentato di indirizzare gli Stati membri verso un adattamento delle loro strategie di politica economica e di bilancio in funzione della nuova strategia geo-politica dell’Unione per fronteggiare la crisi Russo-Ucraina. I PNRR nazionali avrebbero dovuto essere modificati in modo da adattarsi a questo nuovo contesto economico entro i primi mesi del 2023 (auspicabilmente entro aprile, se si tiene presente quanto dispone l’art. 18 del reg. UE 2021/241 sulla presentazione dei piani) e, a tal riguardo, va considerato anche che anche prima delle modifiche al regolamento apportate nel 2023, già alcuni Stati avevano già proceduto a modificare i loro PNRR riducendone gli obiettivi e le dimensioni. Si tratta dei PNRR di Lussemburgo, Germania e Finlandia.
Per l’Italia, la mancata revisione del PNRR, unitamente alle difficoltà che ha visto l’attuazione di quella parte del Piano dedicata agli investimenti (Corte dei conti Collegio del Controllo concomitante, decisioni nn. 17 e 18 del 26.4.2023 e Corte dei conti, Rapporto 2023 sullo stato della finanza pubblica), sta portando ad una sospensione de facto dei trasferimenti a valere sul Recovery. Va ricordato che la disciplina sulla sospensione degli accordi e dei finanziamenti è prevista dall’art. 24 reg. UE 2021/241 e scatta nelle ipotesi di non soddisfacente attuazione del PNRR.
L’impressione che si trae, ad oggi, anche stando a quanto emerge dal quadro degli open data sul PNRR italiano è che l’Unione europea, dopo aver ha trasferito le risorse relative alle prime due rate di finanziamento del PNRR per gli anni 2021 e 2022, è in forte ritardo nel trasferimento della terza rata, che doveva avvenire il 31 dicembre 2022. Il ritardo è notevole anche considerando che il versamento della quarta rata è previsto entro poche settimane (30 giugno 2023).
L’unica spiegazione plausibile del ritardato trasferimento delle risorse del Recovery all’Italia è che la Commissione europea stia evitando di attivare la disciplina sulla sospensione dei finanziamenti (art. 24 reg. UE 2021/241) auspicando che lo Stato presenti delle modifiche al suo PNRR avvalendosi della nuova disciplina su RePowerEU (nuovo capo III bis del reg. UE 2021/241). Non è possibile dire se la prassi instaurata dalla Commissione europea rispetto al ritardato trasferimento della terza rata del PNRR sia o meno concordata con Governo italiano, vista la difficoltà ad accedere ai contenuti degli “scambi” fra Governo e Commissione europea che avvengono in relazione alla attuazione del PNRR italiano che sono disciplinati dall’art. 1 dell’Operational Agreement relativo Piano dell’Italia.
Si può pertanto parlare di una sospensione de facto per descrivere questa particolarissima prassi delle relazioni fra Stato italiano ed Unione europea che sta emergendo in relazione al PNRR ed all’applicazione della disciplina del reg. UE 2021/241. Il ritardo nel trasferimento dei fondi del Recovery all’Italia si realizza, infatti, in un contesto in cui: a) non possono trovare applicazione i meccanismi sanzionatori previsti dal reg. 2021/241/UE che disciplina il Recovery per la insoddisfacente attuazione del PNRR; b) diversi atti di soft law mirano a orientare gli Stati nel senso di richiedere un update del PNRR in coerenza con il quadro delle indicazioni offerte dalla Commissione europea nelle Comunicazioni su RePowerEU; c) le CSR 2022 per l’Italia, adottate nell’ambito del Semestre europeo, miravano ad orientare l’Italia nel senso del recepimento degli orientamenti di RePowerEU, ma lo Stato sinora sembra essere stato sostanzialmente inerte; d) emerge un rallentamento nell’attuazione del PNRR nella parte relativa agli investimenti e ad alcune riforme.
Va sottolineato che le CSR per l’Italia del 24 maggio 2023, insistono molto sull’attuazione del PNRR e sulla sua revisione per renderlo più coerente con RePowerEU (considerando nn. 6 e 12 delle CSR per il 2023). In particolare, le Istituzioni europee considerano che l’Italia «è confrontata a sfide che, unitamente alla costante e solida attuazione del piano per la ripresa e la resilienza, richiederebbero ulteriori iniziative politiche, in particolare nei settori della fiscalità, del quadro di bilancio e dei sistemi pensionistici, e nei settori della demografia, del mercato del lavoro e dell'energia» (considerando n. 14 delle CSR per il 2023). In considerazione di ciò all’Italia è stato raccomandato sia di tenere una politica di bilancio «prudente», sia «di aumentare gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e per la sicurezza energetica tenendo conto dell'iniziativa RePowerEU, anche avvalendosi del dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altri fondi dell'Unione» (considerando n. 20 delle CSR per 2023). Rispetto al ritardo nell’attuazione del PNRR anche con riferimento alle riforme vanno richiamate sia la vicenda delle cosiddette concessioni balneari in riferimento al d.l. n. 198 del 2022 conv. con mod. dalla l. n. 14 del 2023, su cui è intervenuto il Capo dello Stato in una lettera ai Presidenti di Camera e Senato ed alla Presidente del Consiglio dei ministri richiedendo una modifica nella disciplina statale per ottemperare agli obblighi sovranazionali, e l’attuale, problematica, struttura del disegno di legge delega fiscale, pure richiamata nel PNRR come riforma di accompagnamento al Piano, su cui l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) nella Memoria sul DDL C. 1038 e sull’abbinata proposta di legge C. 75 Marattin recanti “Delega al Governo per la riforma fiscale” del 25 maggio 2023 per la VI Commissione della Camera dei deputati (Finanze), rileva che nonostante «le Raccomandazioni specifiche per l’Italia della Commissione europea sul Piano Nazionale di Riforma e l’Opinione sul Programma di Stabilità 2023 sottolineano l’importanza di ridurre la complessità del sistema tributario, di aumentare gli incentivi al lavoro e di rafforzare la compliance, mantenendo la progressività del sistema», il Disegno di legge all’esame del Parlamento «trascura alcune criticità del nostro sistema tributario. In particolare, non interviene sulla tassazione degli immobili […] forme di erosione delle basi imponibili delle imposte, determina gettiti inferiori a quelli potenzialmente ottenibili – sia a livello centrale sia locale – e iniquità del sistema di tassazione» con effetti dirompenti sulla finanza regionale e locale. L’UPB suggerisce una maggiore compliance con le CSR del 2023 sulla revisione del catasto; la previsione un più forte coordinamento con «gli interventi della delega con l’attuazione del federalismo fiscale (prevista come riforma abilitante del PNRR) e della autonomia differenziata»; una rinnovata riflessione del Legislatore per assicurare equità fiscale, sostenibilità del debito e coerenza con il principio costituzionale di progressività dell’imposizione, sulla disciplina della delega relativa alle imposte sulle persone fisiche (nota come flat tax).
In conclusione, l’Italia non ha ancora varato le modifiche al PNRR per la transizione energetica auspicate dalla Commissione e che sembravano preannunciate dalla convocazione della Cabina di regia del 6 febbraio 2023. Inoltre, lo Stato, dopo aver raggiunto nel primo biennio targets e milestones previste dal suo PNRR che in gran parte erano rappresentati da riforme; a valle delle elezioni di fine 2022 sembra aver rallentato l’attuazione del Piano sia sul versante degli investimenti che delle riforme che restavano da varare. In questo contesto di forte rallentamento nell’attuazione del PNRR, emerge una prassi in tema di trasferimento dei fondi messa in atto dalla Commissione europea che realizza una modalità flessibile di applicazione del reg. UE 2021/241. La Commissione, nell’esercizio dei suoi poteri di monitoraggio e di scambio d’informazioni con lo Stato sembra mirare, di fatto, ad interdire condotte dello Stato che non siano espressione di una soddisfacente attuazione del Recovery e ad orientare lo Stato a seguire indirizzi ed agli orientamenti da essa stessa espressi in tema di update dei PNRR nazionali. Resta da vedere se siamo di fronte ad uno stop in chiave sanzionatoria ai finanziamenti ai sensi del reg. UE 2021/241 o se ci sarà, invece uno stop and go che consentirà di ridefinire ed attuare il Piano italiano.
Infine, in questa fase si è aperta una rinnovata riflessione sulla governance del PNRR in relazione ad istituti su cui si dibatte già da anni: il sistema dei controlli intestati alla Corte dei conti ed il regime della responsabilità per danno erariale. Il confronto era già aperto sul fondamento costituzionale o legislativo, sulla natura e sugli effetti dei controlli della Corte dei conti sia in termini di garanzie sulla legalità e sull’efficienza della spesa. Inoltre, per la responsabilità per danno erariale, era già vivace il dibattito sull’impatto che la disciplina di legge può avere sul consolidamento di forme di burocrazia difensiva.
Oggi, rispetto alla governance del PNRR, il dibattito si arricchisce di riflessioni legate ai vincoli per il legislatore che possono essere determinati dal reg. UE 2020/2092 sulle condizionalità di bilancio relative allo stato di diritto. La questione è tutta da indagare in un momento in cui il disegno di legge A.C. 1114-A di conversione del d.l. n. 44/2023 mira alla soppressione del controllo concomitante della Corte dei conti sul PNRR e sul Fondo complementare che l’art. 22 d.l. n. 76/2020 aveva reso obbligatorio e limita la responsabilità per danno erariale al dolo sulla falsariga delle previsioni adottate nel corso dell’emergenza covid con il d.l. n. 76/2020 (si veda l’art. 1, c. 12-quinquies, lettere a) e b) d.l. n. 44/2023).

 

 

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